mercoledì 11 novembre 2009

The story so far... - Gormadock parte seconda

20/10/2008
GORMADOCK - Una corda in dono e Piccole cose che luccicano
Gormadock emerse da una delle sue enormi borse che sempre lo accompagnavano con una grosse chiave universale di legno, con cui si mise ad accordare i suoi strumenti a corda: la sua amata arpa Nandoranen “L’Arpa errante”, che lui sosteneva essere magica, era pressoché a posto, ma il theorbo, compagno di tante spedizioni in oscuri sotterranei, non era piu bene accordato, così come il liuto.
Il theorbo in particolare recava ancora il segno di una freccia Uruk che l’aveva colpito, salvando la vita al proprietario, e Gormadock passò per l’ennesima volta, sarà stata la milionesima nell’ultima settimana, una mano di cera sopra il segno che ne deturpava la cassa.
Si trovava ancora una volta nelle Sale del Fuoco dell’Ultima Casa Accogliente, dove da qualche tempo gli piaceva riposare tra un’avventura e l’altra, e dove aveva stretto amicizia col vecchio Bilbo, con il quale, quando non passavano il tempo a narrarsi vecchie storie davanti al fuoco, scambiava spesso suggerimenti per gli scritti che entrambi amavano comporre. A dire il vero era quasi sempre Bilbo a suggerire correzioni a Gormadock, ma all’hobbit panciuto piaceva pensare che il suo contributo fosse altrettanto importante.
Era stato proprio in questo luogo che Gormadock aveva sognato e poi di getto composto “Sogno di una notte di mezzo inverno”, la storia che aveva accompagnato i Ranadurlindar nel loro tour per L’Eriador.
E ancora adesso non era inusuale trovarli uno di fronte all’altro, entrambi con la testa china sui propri scritti: Bilbo riordinava i ricordi di una vita in un grosso tomo rosso e Gormadock intento a scrivere una canzone o un testo per il prossimo tour dei Ranadurlindar, che prima o poi sarebbe partito.
Davvero l’hobbit in quel luogo pensava di aver trovato quello che da una vita intera andava cercando e che l’aveva spinto, insoddisfatto, ad abbandonare la sua amata Contea.
Finalmente terminato di portare le sue amorevoli cure al Theorbo, Gormadock lo ripose nella custodia, per tornare a riprendere l’Arpa, cui diede un’occhiata sardonica.
- Non farmi fare brutte figure, mi raccomando!- esclamò rivolto ad essa: l’arpa infatti produceva un suono incantevole sotto le sue dita grassocce e l’hobbit la amava molto per questo. Però aveva l’orribile abitudine di rompere una corda nel momento più impensato, soprattutto subito prima o durante un’esecuzione. Gormadock temeva di sapere il motivo, ma era più forte di lui, non riusciva a trattenersi lo stesso.
Finalmente si alzò in piedi con l’arpa in mano, sollevando la testa e notando per la prima volta le molte persone presenti nella sala: era da poco passata l’ora di cena e molti degli ospiti erano soliti ritrovarsi nell’ampio salone. Vi erano numerosi elfi ed alcuni dei delegati giunti per il Concilio di Elrond. Anche numerosi avventurieri diretti verso i pericoli dei Monti nebbiosi, tra cui scorse alcuni volti amici dell’Ordine della Luna Oscura.
Finito il madrigale che un quartetto di archi elfici aveva appena eseguito, Gormadock salì i pochi gradini dell’alcova che veniva usata come palco e iniziò a parlare:
- Elfi, hobbit, nani e umani, amici! Vorrei sottoporre al vostro giudizio questa canzone che ho appena finito di comporre…-
Una corda dell’arpa si spezzò con un sonoro schiocco.
- Volevo dire che ne ho composto la musica, mentre il testo l’ho adattato da un antico testo che ho acquisito col mio usuale spezzo del pericolo da…-
Un’altra corda si ruppè, mentre le orecchie dell’hobbit diventavano sempre più rosse. Mentre prendeva dalla sacca nuove corde e il tendicorde e tutt’intorno si levavano mormorii e risatine, Gormadock continuò:
- Volevo dire che ho acquisito seguendo degli amici coraggiosi e tenendomi bene al riparo delle loro lame e scudi… -
L’ennesima corda si ruppe con un sonoro SDENG.
- Ufff – sbuffò sistemando le corde, con uno sguardo sdegnoso all’arpa – in realtà il testo non viene da antiche pergamene, l’ho sentito cantare al Drago verde da dei ragazzotti hobbit di ritorno da quell’avventura di cui dicevo, mi è piaciuto e l’ho riadattato.
E visto che sembra sia riuscito a sistemare le corde, permettetemi di eseguirla prima che succeda qualche altra cosa:-

PICCOLE COSE CHE LUCCICANO
Da piccolo una farfalla era la mia gioia brillante
Non meravigliatevi del come, né chiedetemi il perché
Ma diedi retta a qualche lingua saccente
"Non tutt'oro quel che luccica è"

Ooooo ooo si / Quel che luccica tutt'oro esser non può

Animi gelosi cospiraron nel dire a me
"Lascia solo che via possa volare
com'esser può che tutto possa avere con te?
Il tuo orgoglio la porterà ad appassire "

Ooooo ooo si / Quel che luccica tutt'oro esser non può
Oh Eru, che corse dobbiamo fare
Per il nostro posto al sole cercare
Sperando quello giusto di trovare

Ora ogni dì una nuova gioia ha portato
Alla mi’ farfalla cresciute son ali d'oro
Par che, mentre invecchiamo, insieme abbiam trovato
Che piccole cose luccicanti possono esser oro

Ooooo ooo si / Piccole cose che luccicano posson essere oro

Quindi lasciam che c’importi di ciò che è li da vedere
Prima che troppo freddi diventino i nostri cuor
Malgrado tutto ciò che ci è possono dire
Alcune piccole cose che luccicano posson esser d'or

Ooooo ooo si / Piccole cose che luccicano posson essere oro
Ooooo ooo si / Piccole cose che luccicanoposson essere oro

Con un ultimo arpeggio l’hobbit terminò l’esecuzione, inchinandosi agli ascoltatori.
Il padrone di casa, Elrond il mezz’elfo, si alzò ridacchiando:
- Bisogna proprio dire, mastro Gormadock, che le tue canzoni sono sempre gradevolissime, per di più condite da intermezzi… ilari che ci sollevano sempre l’animo.-
Mentre Gormadock arrossiva fino alla radice dei capelli, Elrond si fece portare un piccolo cofanetto.
- Ho deciso pertanto – continuò il padrone di casa – di farti un dono: questa è una corda da arpa creata dai più grandi mastri liutai tra gli elfi molto tempo fa. E’ praticamente indistruttibile, cosicché sarai sicuro che, qualunque cosa tu dica, almeno una corda rimarrà intatta sulla tua arpa. -

[Nel recente album "The Cosmos rocks" dei Queen + Paul Rodgers (che tra l'altro propone delle ottime sorprese, se preso con la giusta aspettativa -e cioè NON come un disco dei Queen, ma come l'opera di due artisti che dopo 17 anni finalmente tornano a lavorare insieme, avendo trovato anche un terzo musicista sulla loro stessa lunghezza d'onda), dicevo l'album contiene una canzone "some things that glitters" che a mio parere è quanto di più Hobbit si possa trovare e Gorma l'ha subito aggiunta al suo sempre piu smisurato repertorio in questa personalissima traduzione]

24/12/2008
GORMADOCK - L’ULTIMA CANZONE
Il maltempo li sorprese al quarto giorno di marcia tra le montagne, quando distavano ancora parecchio dal valico.
Erano partiti da Minas Tirith in tutta fretta, con l'intento di raggiungere rapidamente Lorien e di li cercare un modo di attraversare le montagne e riunirsi agli amici dall’Ordine. Avevano scelto quella strada perché l’altra, attraverso la Breccia di Rohan, era ormai chiusa dalle forze della Mano Bianca, come avevano avuto modo di scoprire sulla loro pelle durante la rapida, avventata corsa fatta all’andata. Palamorn ne portava ancora i segni addosso, la ferita di freccia alla spalla ed il braccio steccato e dolorante gli impedivano anche solo di muoversi con agio, figurarsi di imbracciare il pesante scudo, che restava ora sconsolatamente legato al carico di un pony.
Morinethar osservava preoccupato le gocce di sudore sulla fronte del guardiano pur nel gelo dei monti, perché malgrado gli sforzi e le cure quotidiane la ferita alla spalla non accennava a guarire e sembrava infettarsi con un nonnulla. Certo la mancanza di riposo non facilitava la guarigione, ma tuttavia tutto era andato tranquillamente fino a quel momento.
I fiocchi bianchi presero a scendere lenti dal cielo plumbeo e ben presto un vento gelido e tagliente prese a vorticare intorno ai compagni, spingendo contro di loro masse sempre più fitte di neve. Aghi di ghiaccio trafiggevano i volti, il semplice vedere divenne sempre più difficile e quando la tempesta aumentò persino Balyndis il cacciatore non potè più esser certo di seguire il sentiero giusto.
I compagni procedevano barcollando a piedi in fila, le briglie in una mano ed aggrappandosi l'un l'altro, con Palamorn che teneva una mano serrata intorno ad un'estremità del bastone del nano. Dietro di lui veniva Morinethar, col fido corvo Stormchaser -mai nome fu più indicato- che, ora quasi completamente coperto di neve, cercava con le ali incurvate di mantenere disperatamente la presa sulla spalla del vecchio.
Gormadock arrancava lungo la traccia aperta da quelli che lo precedevano, sovente sospinto dal muso di Amaurea, la femmina di orso polare che recentemente si era legata a Morinethar.
Keldhar fungeva da retroguardia, il lungo naso appuntito e gocciolante che spuntava da una sciarpa.
Il vento non accennò a calare, la neve continuò a cadere formando una cortina sempre più impenetrabile e il freddo, già pungente, divenne ancora più intenso. Respirare diventò difficile e doloroso, ogni respiro sembrava una lama di ghiaccio nei polmoni.
- Non possiamo procedere oltre! - gridò Keldhar, sovrastando l'ululato del vento. - Troviamo un riparo finchè non passa.
Dopo una lunga, frenetica e faticosa ricerca, il meglio che riuscirono a trovare fu un canalone poco profondo sovrastato da uno stretto cornicione di roccia. Incespicando, i compagni vi si infilarono con sollievo, perchè offriva una certa protezione dalla furia del vento e dalla neve. Il freddo continuò però a tormentarli e non appena si fermarono i loro corpi parvero irrigidirsi e dopo pochi minuti non riuscivano a muovere gli arti che con difficoltà.
Si strinsero gli uni agli altri per tentare di scaldarsi, tenendosi il più possibile vicini al folto pelo di Amaurea. Ma neppure questo diede loro sollievo, anche perchè il freddo aumentò ancora col sopraggiungere dell'oscurità.
Keldhar in particolare sembrava soffrirlo, e si accoccolò avvolto nel mantello, appoggiato all'orsa.
- Così non arriveremo vivi a domani - disse Gormadock, parlando per la prima volta da molto tempo - Senza un fuoco, tanto vale che ci diciamo addio già da adesso.
- Non so di cosa vi lamentiate - rispose il furetto con un sussurro roco. - Prima avevo freddo, ma adesso mi pare di non esser mai stato più comodo in tutta la mia vita.
Palamorn fissò allarmato l’amico, che rimaneva immobile sotto il mantello, gli occhi socchiusi e la voce resa esitante dalla sonnolenza.
- Che bel tepore – continuò Keldhar – E’ strano, ho sognato che eravamo in mezzo a una tempesta di neve…Palamorn lo scosse rudemente col braccio sano, il volto ansioso.
- Non dormire – esclamò. – Se ti addormenti non ti risveglierai più.
Keldhar non rispose, limitandosi a girare la testa da un lato e a chiudere gli occhi. Anche Morinethar, raggomitolato li accanto, rifiutò di svegliarsi, e Palamorn si accorse che la sonnolenza fatale stava scendendo anche su di lui.
- Un fuoco – disse, - dobbiamo accendere un fuoco.
- E con cosa? – ribattè brusco Balyndis-
- In questo posto desolato non si trova un solo arbusto. Cosa bruceremo? I mantelli? I nostri stivali? Servirebbe solo a congelare ancora più in fretta.
Gormadock, che per tutto lo scambio era rimasto silenzioso, allungò una mano e si staccò la fida Nandoranen dalla spalla. Quel gesto strappò a Balyndis un grido irritato.
- Musica d’arpa, mezz’uomo? – esclamò. – Amico mio, il tuo cervello deve essere già duro come il ghiaccio!
- Gormadock, che intendi fare? – chiese Palamorn, l’espressione preoccupata, trascinandosi accanto al menestrello.
Gormadock non rispose. Per un lungo momento tenne amorevolmente l’arpa tra le mani, sfiorandone le corde, poi sollevò l’amato strumento e, con un rapido gesto, lo fracassò contro il proprio ginocchio.
Palamorn emise un grido angosciato quando il legno con un sonoro crack si ridusse in schegge e le corde si staccarono in un coro di suoni discordanti. Gormadock lasciò cadere i pezzi in terra.
- E’ legno ben stagionato – disse. – Bruciala.
- Cosa hai fatto? – esclamò il gondoriano, afferrando il piccolo hobbit per una spalla. – Valoroso, stolto amico! Per cosa hai distrutto la tua amata arpa? Per un istante di calore? Ci serve un fuoco molto più grande di quello che questo legno potrà procurare.
Balyndis tuttavia si era affrettato a trarre dalla sua sacca la pietra focaia, facendo subito cadere alcune scintille sul piccolo mucchio di schegge. Subito la legna prese fuoco e un calore improvviso si sprigionò, riversandosi sui compagni, mentre Palamorn fissava stupito le fiamme sempre più alte che si levavano dai pezzi di legna che, sorprendentemente, sembravano non consumarsi minimamente. Keldhar si riscosse sollevando il capo, il colore che gli stava tornando sul volto pallido. Anche Morinethar si mise a sedere, e si guardò intorno come se si fosse appena svegliato da un sogno; gli bastò un attimo per capire la natura del combustibile offerto dal bardo e gli occhi gli si colmarono di lacrime.
- Non ci pensate neppure per un momento – esclamò Gormadock. – la verità è che sono felice di essermene liberato. Quell’aggeggio non suonava più come si deve ed era più che altro un peso per me, col suo costringermi a non abbellire le storie. Beato Eru, senza di esso mi sento leggero come una piuma. Credetemi, è meglio così.
Nel profondo delle fiamme parecchie corde dell’arpa si ruppero per l’ultima volta col familiare sdeng tante volte sentito e una nuvola di scintille si levò nell’aria.
- Però produce troppo fumo – borbottò l’hobbit, malgrado il fuoco ardesse limpido e brillante. – Mi fa lacrimare terribilmente gli occhi.
Il fuoco aveva ormai avvolto tutti i frammenti, e mentre le corde bruciavano, una melodia si levò dal centro del falò. Il suono andò crescendo, sempre più forte e meraviglioso, e la musica pervase l’aria, echeggiando all’infinito tra le rocce.
Ora che stava morendo, sembrava che l’arpa fosse decisa a riversare nell’aria tutte le canzoni che su di essa erano state suonate, con arpeggi vivaci quanto il bagliore del fuoco che la consumava.
L’arpa suonò per tutta la notte, con melodie che esprimevano gioia e dolore, amore e coraggio. Il fuoco non si affievolì mai e a poco a poco i compagni ritrovarono forza e vitalità. E quando le note salirono verso l’alto, un vento prese a soffiare da ovest, aprendo la neve e riversando il suo calore sulle montagne.
Soltanto all’alba il fuoco si ridusse a un mucchio di carboni ardenti e la musica cessò.
La tempesta era finita, e i picchi scintillavano sotto la neve che già iniziava a sciogliersi.
Silenziosi, i compagni iniziarono a lasciare il loro rifugio, ma Gormadock indugiò ancora un momento. Di Nandoranen non rimaneva più nulla, tranne una corda, quella corda indistruttibile che Elrond aveva donato all’hobbit molto tempo prima. Inginocchiatosi, Gormadock la tirò fuori dalla cenere: a causa del calore la corda si era arricciata ed arrotolata su se stessa, ma scintillava come oro puro.

[molto liberamente adattato da “The High King” di Lloyd Alexander]

Gaiala Fuine 24/12/2008
[Gaialafuine, detta la Cantrice, è una menestrella elfa delle mia vecchia kinship]
Non molto tempo dopo, una sera d'inverno a Ranamar,
Gàiala Fuine rivelò un piccolo segreto al giovane Gormadock.
L'arpa suona la tua musica, la musica della tua anima,
l'arpa cambierà molti nomi ed avrà molte forme,
ma la tua musica, la musica della tua anima
rimarrà sempre la stessa:
la musica dell'anima di un piccolo menestrello di Contea.
Così non piangere,"era solo un'arpa"
poggerai le tue dita su molte arpe
e su tutte suonerai la tua anima
E quelle arpe saranno solo una
Nandoranen sarà sempre tra le tue dita
ora
e non ti abbandonerà mai.
La tua anima non può lasciarti.
Ma non gli disse mai nulla di quell'ultima corda.
A volta gli Eldar sembrano tacere le cose più importanti.

Nessun commento:

Posta un commento